Meditazioni bibliche

 

 

3. TEOLOGIA E SCRITTURE

 

Con la teologia le scritture furono vagliate, discusse parola per parola, si discusse sull'unità e trinità di Dio, ci si preoccupò se il Figlio fosse consustanziale al Padre, se fosse vero Dio e vero uomo..., si fecero concili per stabilire l'ortodossia di alcuni concetti e l'eresia di altri, e così via.

Nessuno, o quasi, si preoccupò di ricordare e indirizzare l'umanità secondo i dettami della predicazione evangelica.

Insomma, il messaggio di Cristo: “Ama il tuo prossimo come te stesso”, finì per perdersi in vaste discussioni, commenti, interpretazioni e sottigliezze teologiche.

La violenza che il vangelo aveva cacciato dalla porta, rientrò così per la finestra, fino al punto che la croce divenne addirittura insegna di guerra.

In sostanza, il cristianesimo andò via via alterandosi, modificandosi secondo quella mentalità umana la quale rimase legata a quelle direttrici egoistiche e soprafattive, lungo le quali era andata sviluppandosi.

Nel corso dei secoli, infatti, la violenza divenne sempre più raffinata e crudele, con continui dolorosissimi conflitti anche fratricidi, e cioè tra coloro che si consideravano “fratelli”; che vennero allevati e istruiti secondo i  “dettami cristiani”; che credevano nel medesimo Dio; che recitavano le stesse preghiere... e che, molto spesso, portavano con sé il simbolo supremo del sacrificio e dell'amore di Cristo: “la Croce”.      

Potremmo continuare ancora per molto, ma lasciamo al lettore eventuali ulteriori considerazioni. 

I angeli sono scritti postumi, affidati alla memoria dei primi discepoli, in parte umili pescatori.            

Il fascino che da essi emana, non è certamente dovuto alla forma espressiva dei racconti, ma alla potenza concettuale della parola di Cristo, la quale non si attenua nemmeno attraverso il filtro delle “umili” mentalità che la riportano.

E' da ritenere, anzi, che proprio quelle umili mentalità hanno consentito di mantenere inalterata nei racconti, la potente ma semplice predicazione di Cristo la quale, ancora oggi, conserva intatto tutto il suo fascino ed è pienamente comprensibile da tutti gli uomini di “buona volontà”. 

Secondo i racconti dei vangeli, Gesù aveva dato l'esempio di una esistenza semplice, vissuta tra gli uomini, partecipando ad ogni atto di essa, fosse lieto o triste.

4. LE NOZZE DI CANA IN GALILEA

 

Egli aveva percorso le strade principali e i piccoli sentieri, si era fermato nelle locande comuni, aveva lasciato che le persone si avvicinassero a Lui, gli parlassero, gli chiedessero grazie; aveva placato la folla che voleva lapidare l'adultera; aveva partecipato alle semplici gioie umane, era presente, insieme a sua madre Maria, alle nozze di Cana.

Il matrimonio è certamente una festa, soprattutto se gli sposi e gli invitati sono persone povere.

Per gli invitati è una festa  fugace che una volta tanto rallegra una vita grama, festa che in genere si riassume e si stempera  nel cibo e nella bevanda.

Durante il pranzo, seguito alle nozze di Cana, viene però a mancare il vino; la festa tende a perdere di vivacità, negli occhi dei commensali c'è delusione; gli sposi sono imbarazzati per non aver adeguatamente   provveduto per la bevanda.

Maria nota il diffuso  disagio e si rivolge a Gesù dicendo: “Non hanno più vino” (Giovanni 2:3). Gesù non resta indifferente rispetto alla descritta situazione; nonché rispetto a quelle umili persone che stanno vivendo un momento di lecita festa, momento che molto probabilmente non si ripresenterà tanto facilmente.            

Il prodigio di trasformare  l'acqua in vino, mostra la profonda sensibilità e umanità di Cristo.

Le motivazioni di questo prodigio appaiono in stridente contrasto con tutto quel formalismo e architettura teologica venutasi a formare e consolidare nel tempo.

La vita e gli insegnamenti di Gesù furono particolarmente semplici, per cui, per poterli seguire, è necessario tornare semplici come “fanciulli”, è necessario cioè spogliarsi di tutta quella pesante bordatura creata dalla mente umana.

5. AMORE E COMPRENSIONE PER TUTTI

 

Gesù, in ogni occasione, ebbe sempre parole di amore e di comprensione per tutti, senza mai ricercare forme di riconoscenza.

Ebbe parole gentili con il traditore (Giuda); si mostrò preoccupato per i discepoli affinché non subissero la sua stessa sorte:

“se dunque cercate me, lasciate andare questi”; ebbe un gesto di generosità durante la salita verso il Calvario, nei confronti di quelle donne  che, in lacrime, solidarizzavano con lui; fu gentile e sollecito nell'esaudire la richiesta del ladrone crocifisso con lui:

”Io ti dico in verità che oggi tu sarai con me in paradiso”.

Anche negli ultimi istanti, ormai vicino alla morte, Gesù ebbe un gesto di affetto filiale verso la madre Maria, affidandola alle cure di Giovanni.

Insomma, fino all'ultimo, Gesù fu l'uomo per gli uomini, fu l'uomo dimentico di sé stesso per l'amore immenso che aveva verso tutti.

Solo verso gli Scribi e Farisei (definiti ipocriti ed altro ancora) Gesù ebbe parole severe e tra l'altro dirà: 

“Gli scribi e i farisei siedono sulla cattedra di Mosè. Fate dunque quello che dicono, ma non fate secondo le loro opere; perché dicono e non fanno.  Infatti, legano dei fardelli pesanti e li mettono sulle spalle della gente; ma loro non li vogliono muovere neppure con un dito.

Tutte le loro opere le fanno per essere osservati dagli uomini; infatti allargano le loro filatterie (strisce o nastri contenenti scritti sacri) e allungano le frange dei mantelli; amano i primi posti nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe, i saluti nelle piazze ed essere chiamati dalla gente: "Rabbì!"

Ma voi non vi fate chiamare "Rabbì" (e cioè, mio maestro); perché uno solo è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli.

Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli...” (Matteo 23:2-9).